Storie interculturali: la via narrativa per fare intercultura a scuola.

Attività didattica  interdisciplinare e interculturale realizzata con gli alunni di una classe IV primaria.

Questa esperienza vuole sottolineare l’importanza che riveste la partecipazione sociale di tutti attraverso la narrazione della propria storia.

Ogni storia personale fa parte di un patrimonio collettivo, di un’appartenenza ad un gruppo di persone.

Quando una storia viene raccontata diventa patrimonio collettivo di una nuova comunità.

Ogni Popolo ha la propria cultura, la propria letteratura e la propria storia.  Noi abbiamo scelto tre racconti che appartengono

a tre culture diverse: Ecuador, Albania e Romania.

I nostri alunni hanno letto e sintetizzato i racconti e poi li hanno rappresentati graficamente su dei pannelli realizzati in gruppo (storyBoard) narrati dalla voce dei nostri bambini.

Abbiamo inserito gli storyboard  su un programma slide show e condiviso il nostro video. Buona visione

La via narrativa all’educazione interculturale

Di Lorenzo Luatti


Più densa, più eloquente della vita quotidiana ma non radicalmente diversa, la letteratura amplia il nostro universo, ci stimola a immaginare altri modi di concepirlo e di organizzarlo. Siamo tutti fatti di ciò che ci donano gli altri: in primo luogo i nostri genitori e poi quelli che ci stanno accanto; la letteratura apre all’infinito questa possibilità d’interazione con gli altri e ci arricchisce, perciò, infinitamente. Ci procura sensazioni insostituibili, tali per cui il mondo reale diventa più ricco di significati e più bello. Al di là dall’essere un semplice piacere, una distrazione riservata alle persone colte, la letteratura permette a ciascuno di rispondere meglio alla propria vocazione di essere umano (T. Todorov, 2008).

1. Letteratura e intercultura

Nella sua affascinante autobiografia di lettore, Tzvetan Todorov ci consegna con straordinaria forza evocativa, una riflessione sul ruolo della letteratura nel sostenere processi di interculturalità. La lettura di narrazioni, autobiografiche e di fantasia, si rivela attività profondamente interculturale: leggere ci aiuta a comprendere le diversità, le alterità, ad assumere altri punti di vista e nel contempo a relativizzare il nostro. La lettura promuove e facilita processi di decentramento rispetto a dimensioni molteplici (temporale e della storia, spaziale e simbolica, ecc.); permette di immedesimarsi con una realtà esistenziale lontana, insolita e straordinaria; consente di dare significato e di contestualizzare fatti e comportamenti, nostri ed altrui; aiuta a conoscere se stessi e a conoscere gli altri. Il lettore, in particolare il giovane lettore – soprattutto quando la narrazione è in prima o in terza persona, quando l’autore scandaglia in profondità il vissuto infantile e giovanile in modo originale e raffinato –, viene spinto a mettersi nei panni del personaggio e così a guardare la realtà attraverso i suoi occhi. Talvolta viene indotto (e abituato) a guardare il mondo attraverso una pluralità diversificata di sguardi interpretativi, a guardare da altre prospettive per vedere meglio se stessi. Sappiamo dall’esperienza che la letteratura, la migliore letteratura, ci può aprire ad incontri narrativi veramente speciali.
Seguendo Silvia Blezza Picherle, acuta studiosa di letteratura per ragazzi, nelle parole dei loro “coetanei di carta” i giovani lettori vedono  riflesso «tutto il loro sfaccettato mondo interiore, con mille dubbi, interrogativi, riflessioni, emozioni e sentimenti che lo caratterizza». Sono queste «le premesse per un atteggiamento interculturale che cerca di comprendere l’altro, o coloro che appartengono a differenti culture nei loro vissuti più autentici, senza cadere nelle trappole dei pregiudizi, degli stereotipi, dell’etnocentrismo» (Blezza Picherle 2004, p. 247). Questo percorso di conoscenza con i più diversi tipi di alterità inizia con gli albi e i libri illustrati per l’età prescolare, che anche grazie all’ausilio di un’illustrazione fortemente narrativa, mettono il bambino di fronte ad un modo di pensare differente dal proprio, seppure alquanto vicino al suo vissuto quotidiano.
Oggi, uno dei compiti più pregnanti per la scuola e per ogni educatore è educare all’intercultura, formare alla complessità e alla diversità, ad una forma mentis interculturale, versatile, aperta all’ascolto e all’incontro, complessa, dialogica, al plurale e tensionale, in grado di esprimere nuove forme culturali più fluide e composite (Anolli 2006, p. 164; Cambi 2006). Nell’attuale società complessa, frammentata e rapida, la letteratura può contribuire a rispondere positivamente a questo compito.
La letteratura è ricca di narrazioni che affrontano aspetti e tematiche che mettono in movimento processi di comprensione interculturale. Consideriamo la narrativa contemporanea per bambini e ragazzi e i principali filoni tematici da essa esplorati (Blezza Picherle 2007, p. 194). Ebbene, a parte l’ambito certamente rilevante del fantasy, fortemente rappresentato nella narrativa giovanile è il filone dedicato alla ricerca dell’identità e dell’autonomia, temi decisivi e intensamente vissuti nell’età adolescenziale e preadolescenziale. Un secondo, vasto, ambito tematico è quello dell’incontro e del rapporto con le diversitànelle sue varie forme (culturali, religiose, sociali, spirituali…), che genera spiazzamento, chiusure, ma che provoca l’analisi, favorisce la decostruzione degli stereotipi e dei pregiudizi, la consapevolezza delle reciproche immagini, “etichette”, rappresentazioni. Un terzo filone insiste sulle relazioni interpersonali descritte come momento di arricchimento umano, anche se interagire con gli altri produce sempre qualche disagio e difficoltà. Un quarto tema è caratterizzato dal conflitto, descritto come un’esperienza ineludibile, difficile, che provoca sofferenza, ma necessaria ai fini della maturazione individuale. Vi è poi il corposo ambito della narrativa fiabesca, dove le fiabe multiculturali, provenienti da vari paesi, popoli e culture, occupano quantitativamente un posto di primissimo rilievo. Cosa c’è di più “interculturale” di questi temi?
Occorre semmai conoscere questa nuova narrativa, esplorare quella ricca miniera di opere, autori, illustratori che la animano. Quante di queste storie hanno accesso nelle aule scolastiche o sono lette dai ragazzi? Cosa si legge a scuola, nella scuola primaria e, soprattutto, nelle scuole secondarie? Al di là dei pur essenziali autori e testi classici, credo che tra i docenti, tra la stragrande maggioranza dei docenti, vi sia poca consapevolezza delle tante opzioni offerte dalla letteratura contemporanea per ragazzi. Anche partendo da questa narrativa, così ricca di motivi che definiamo “interculturali”, la biblioteca pubblica e la scuola possono trovare un ulteriore terreno di lavoro comune; facendo conoscere le storie più belle, avvincenti, stilisticamente convincenti agli insegnanti e agli educatori, in primo luogo, affinché possano ampliare la gamma di materiali da proporre ai giovani lettori. La promozione della lettura, soprattutto fra i più giovani, dovrebbe essere un’attività multiforme e connaturata alla scuola e alla biblioteca pubblica, e di fatto spesso così è per quest’ultima. Nelle sue varie forme e modalità, essa contribuisce a rispondere ad un importante compito: favorire la comprensione e accompagnare le trasformazioni (non solo in senso multiculturale) che avvengono nella comunità locale, nella città, nei luoghi per tutti.

2. Uno strumento ancora valido: lo scaffale multiculturale.

 

Tra gli strumenti-risorsa che, a scuola e nella biblioteca pubblica, hanno contribuito alla diffusione della prospettiva interculturale, lo scaffale multiculturale (SM) occupa sicuramente un posto di primissimo rilievo. Ideato da Vinicio Ongini all’inizio degli anni ‘90, e da allora suo instancabile promotore, lo SM conta numerose sperimentazioni e percorsi innovativi realizzati da scuole, biblioteche, centri interculturali, associazioni. Proposto come buona pratica per l’educazione interculturale nell’importante circolare del Ministero della Pubblica Istruzione n. 73/1994 (“Dialogo interculturale e convivenza democratica”), è stato più di recente rilanciato dalla C.M. n. 24/2006 (“Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri”) che, nel paragrafo intitolato Libri di testo, biblioteche, materiali didattici, indica come «strategico da parte delle scuole potenziare le biblioteche scolastiche nella dimensione multilingue e pluriculturale, anche in collaborazione con i servizi multiculturali delle biblioteche pubbliche, con i Centri Interculturali e di documentazione e con le associazioni degli immigrati» (§ 9).
Il decalogo di tipologie di materiali presenti nello SM è noto e non è questa la sede per ripercorrerlo approfonditamente (Ongini 2001, pp. 32 ss.). Si tratta di libri di divulgazione, di fiabe e storie, di libri nelle lingue d’origine (di narrativa e divulgazione), libri bilingui e plurilingui, di autobiografie degli immigrati e degli emigrati italiani, di strumenti per l’avviamento ai testi e i dizionari nelle diverse lingue, di video e di cd rom multimediali sulle diverse lingue e cultura prodotti dall’editoria. Cosa debba intendersi per, e quali siano le caratteristiche di un libro “interculturale” è lo stesso Ongini, nel suo libro-guida, a dare una possibile risposta. Recentemente egli ha fornito una spiegazione più suggestiva: «Una volta, quando mi è stato chiesto come deve essere un libro interculturale, ho risposto ‘Deve essere bello!’. Non basta che ci siano alcuni ingredienti, come esser stato scritto da un autore straniero, essere tradotto e provenire da altri paesi, essere scritto in lingue diverse dall’italiano o bilingue. Conta anche che sia una bella storia, che sappia incuriosire, contano le illustrazioni e la traduzione e, soprattutto, conta come viene letto o raccontato, in quale contesto, da chi e per quale bambino» (Ongini 2007, p. 32).
Chi scrive ha seguito e conosce diverse esperienze locali, perlopiù “silenziose”, nate dalla intraprendenza di singoli operatori o frutto di più ampi progetti territoriali. Negli scorsi anni si è assistito ad una forte vivacità di iniziative intorno allo scaffale. Al suo successo hanno contribuito vari fattori: un’attenzione e una sensibilità (allora) in crescita sui temi dell’educazione interculturale; l’incremento della popolazione (studentesca) immigrata e il bisogno di avere una varietà di strumenti e supporti di riferimento; l’attività di promozione dello SM da parte di alcune associazioni e centri interculturali (con progetti, convegni, corsi di formazione, bibliografie ad hoc…); il passaparola tra gli operatori; il forte sviluppo dell’editoria interculturale. Ma direi, soprattutto, la “semplicità” e la comprensibilità dello strumento ha fatto dello SM, mi si passi l’espressione, un evergreen dell’intercultura. Negli ultimi anni la situazione è cambiata significativamente, per ragioni sia “fisiologiche” (si era già sviluppato in molti suoi aspetti), sia legate all’evoluzione e ai mutamenti del fenomeno migratorio, al clima sociale, anch’esso mutato, che si respira nel Paese e che inevitabilmente produce i suoi riflessi nella scuola.
Innanzi tutto, può considerarsi definitivamente conclusa l’epoca della scoperta, dell’intercultura un po’ ingenua e benevola, che portava a enfatizzare le differenze e che spesso vedeva nell’altro qualcosa di esotico, di curioso (Favaro 2008, pp. 103-104). Quante iniziative sono state realizzate in nome e intorno allo SM che partivano da queste premesse! Da alcuni anni siamo stabilmente calati nella fase delle diversità insediate; e ciò ha decretato la fine di certe modalità folkloristiche di approccio alle “culture” e alle diversità che hanno non poco caratterizzato un certo modo di utilizzare i libri dello SM. Si pensi, ad esempio, agli incontri tipo “Ti presento il mio Paese”, o alle feste multietniche a base di balli, canti e dolcetti (la cosiddetta intercultura del “cuscus”), che potevano andare bene diversi anni fa, in un periodo iniziale dell’immigrazione: iniziative in buona fede, beninteso, che tuttavia oggi appaiono superate e poco incisive, se non, nei peggiori dei casi, capaci di consolidare stereotipi e produrre ulteriore distanza attraverso la retorica della “diversità”. Di tutto questo, le scuole sembrano dimostrare una consapevolezza inespressa, ma acquisita.
Si ricorderà, poi, una formula molto in uso negli anni passati: i libri dello scaffale “come mediatori culturali”, come ponti tra culture. Oggi, di fatto, nelle scuole, in ogni singola classe ci sono “mediatori” in carne e ossa, che vivono sulla loro pelle le difficoltà e le opportunità di avere più riferimenti identitari: sono i giovani di seconda generazione, i figli di genitori immigrati. Più dei libri, sono loro, italofoni, bilingui e plurilingui, a costruire ponti e relazioni.
Inoltre, i contenuti dello SM sembrano assorbiti dai più ampi “servizi interculturali” (Neri 2008), espressione impropria nella quale sono inclusi una vasta gamma di servizi – per il vero più dedicati, che “interculturali” –, tra cui il reference multiculturale, i libri nelle lingue di origine, la mediazione linguistico culturale in biblioteca, i corsi di italiano L2 per stranieri… Servizi che richiedono un investimento aggiuntivo di risorse economiche e professionali, nuove e diversificate, di fatto sostenibili solo da alcune medie e grandi biblioteche pubbliche, e non da quelle di piccoli comuni, che sono poi le realtà più numerose, o dalle biblioteche scolastiche. Per queste, la proposta dello SM resta ancora quella più a portata di mano.
Ancora: negli ultimi anni – e chi si occupa di interculturalità ed opera con e nelle scuole sa di cosa parlo – si registra una “stanchezza” diffusa tra i docenti, indubbiamente alimentata da un clima sociale che favorisce chiusure, distanze, separatezza, quando invece diventa oggi necessario un impegno di ciascuno e di tutto il territorio per promuovere l’incontro tra chi accoglie e chi è accolto, e l’intercultura per tutti.
Ciò nonostante, negli anni, la proposta dello SM si è rivelata feconda, elastica e capace di rinnovarsi, di assumere di volta in volta fisionomie differenti. Cosa hanno rivelato le esperienze realizzate nei vari territori e contesti (scuola, biblioteca pubblica, centro interculturale)? Quali suggerimenti potremmo offrire a chi si accinge oggi a costituire uno SM, capace di rispondere ai bisogni emergenti di questa nuova fase?
Un’importante acquisizione di questi anni è che intorno alla proposta dello SM come risorsa per il territorio è agevole coinvolgere una pluralità di attori: si mettono insieme le (poche) risorse, si responsabilizzano i soggetti, si confrontano soluzioni, si elaborano progetti e iniziative. Lo SM nasce e si sviluppa preferibilmente come progetto territoriale di rete tra scuole, enti locali, biblioteca pubblica, associazioni… Quando lo SM non è solo un ripiano di libri e video, ma spazio-risorsa per lo svolgimento di attività interculturali; quando intorno ad esso si costruiscono percorsi e iniziative di educazione interculturale rivolte/aperte al territorio, allora il coinvolgimento e il contributo dei vari soggetti locali è una via obbligata. La cooperazione fra le istituzioni locali si configura ancora una volta come uno dei motori dell’innovazione possibile, anche e soprattutto in ambito interculturale.
Una seconda osservazione fa specifico riferimento ai dieci “ingredienti” proposti da Vinicio Ongini nel suo libro per la costruzione di un buon SM (Ongini 2001); il decalogo, nell’esperienza concreta, si è arricchito di ulteriori ingredienti e qui ne segnaliamo/proponiamo almeno quattro:
– i materiali per l’accoglienza degli alunni stranieri e delle loro famiglie, utili soprattutto nella prima fase di orientamento e inserimento del nuovo arrivato (sistemi scolastici di origine, comunicazione scuola-famiglia, rilevazione competenze linguistiche e extralinguistiche…). Più nota, almeno in passato, come kit o valigetta dell’accoglienza, questa tipologia di materiali ha assunto oggi un rilievo di primo piano per le richieste degli insegnanti e per una produzione editoriale in forte crescita (Luatti 2008);
– i materiali per l’aggiornamento e l’autoformazione degli insegnanti sui temi della pedagogia e della didattica interculturale, dell’accoglienza e dell’insegnamento dell’italiano come lingua seconda. Anche questi strumenti, e segnatamente quelli a carattere linguistico, si sono moltiplicati e hanno cercato di rispondere a esigenze e livelli di apprendimento e di insegnamento differenti;
– i materiali prodotti dalla scuola in percorsi e laboratori di animazione interculturale. Lo SM è il luogo dove si custodiscono la documentazione dei progetti di educazione interculturale e i materiali prodotti dai ragazzi e docenti, per favorirne visibilità e diffusione in altre scuole. Ma nello SM trovano spazio anche i materiali bibliografici e audiovisivi prodotti dall’associazionismo immigrato (Ongini 2008);
– gli oggetti presentati/donati dalle famiglie immigrate. In alcune esperienze lo SM è diventato il luogo dove sono collocati alcuni materiali tradizionali dei gruppi linguistici e culturali minoritari presenti sul territorio. Piccoli oggetti che donati e “raccontati” dai genitori stranieri, in occasione di attività di animazione interculturale, possono svelare storie individuali, familiari e collettive di fascino e originalità superiori a un testo scritto.
Una terza osservazione fa riferimento alle mutevoli forme che può assumere lo SM: non si tratta di un contenitore rigido, i libri possono essere portati in tanti luoghi diversi, come dimostrano le esperienze delle biblioteche “fuori di sé”. È opportuno, tuttavia, proporre i materiali dello scaffale dentro una cornice motivante ed emozionante cognitivamente, unendo quanto più il contesto scolastico e quello extrascolastico, parlando ai ragazzi attraverso i loro linguaggi, le loro esperienze quotidiane, affinché anche certe attività siano facilmente comprensibili.

3. Dimensione globale e dimensione locale.

Alcune esperienze ci dicono poi che la proposta originaria di scaffale può essere opportunamente ampliata e arricchita con altri materiali propri delle cosiddette educazioni trasversali: alla pace, ai diritti, allo sviluppo, all’ambiente. Materiali non propriamente multiculturali, ma con questa dimensione strettamente connessi. La pianta “scaffale” viene innestata con altre tematiche a carattere sociale, tra loro interdipendenti, al fine di arricchire la proposta complessiva nelle sue potenzialità didattiche e nei bisogni di lettura dei ragazzi; viene rivisitata in una prospettiva più aperta e plurale, trovando forti agganci nelle dichiarazioni di numerosi organismi internazionali e nella riflessione pedagogica più recente. Educare alla comprensione, come suggerisce Edgar Morin nel suo libro/manifesto (2001), è una delle finalità e delle sfide della scuola che definiscono e connotano gli approcci pedagogici e l’agire didattico di chi opera oggi nei luoghi educativi e dell’incontro: si deve agire allora per promuovere diversi livelli di comprensione e sostenere il lavoro educativo avvalendosi anche di uno strumento, con una pluralità di risorse bibliografiche, che tiene conto della stretta dipendenza che esiste tra i fenomeni sociali, gli eventi e le situazioni culturali, e che, nel contempo, sollecita la partecipazione emotiva, la condivisione, la narrazione reciproca, l’empatia.
Ulteriori intrecci e inedite alchimie possono infine scaturire dall’interazione tra i materiali dello SM e i materiali che raccontano storie, tradizioni, personaggi del territorio: non ovviamente per esigenze localistiche, ma nella convinzione che ciò non è in contraddizione con la dimensione interculturale. Anzi, con questa può trovare, sia per i bambini e ragazzi “autoctoni” che per quelli di origine immigrata, tanti fili di collegamento. Attingere alla storia e alla cultura locale, narrate e rappresentate in molti materiali presenti in ogni biblioteca: così penso, riferendomi al contesto in cui opero, all’universo fiabesco delle Novelle della nonna di Emma Perodi ambientato in Casentino; alle storie di Giucca matta della tradizione toscana, che fanno parte del ciclo narrativo del furbo-sciocco Joha/Giufà; alle ricorrenze locali, non solo religiose, alle rievocazioni storiche… Si potrebbero tracciare mappe, rapporti, relazioni. Quante piste e quante occasioni per fare intercultura facendo conoscere meglio nel contempo, ai ragazzi italiani e ai ragazzi con alle spalle una storia di immigrazione (personale o familiare), il patrimonio culturale del territorio in cui viviamo quotidianamente, per evidenziare ciò che accomuna più che divide. Nella convinzione che le relazioni bidirezionali e ambivalenti alterità/identità, locale/globale sono una componente importante della dimensione interculturale: il viaggio intrapreso per conoscere i tanti “mondi da leggere”, può condurci, talvolta inconsapevolmente, a riscoprire e valorizzare le storie e le tradizioni locali; partire da quest’ultime, considerate più vicine alla realtà quotidiana, si rivela spesso una modalità più efficace per affrontare temi e situazioni che sembrano molto lontani. Insomma occorre adottare quella strategia del doppio binario: «nei confronti dei residenti essa mostra che lo straniero è leggibile, e quindi li rassicura; nei confronti degli stranieri opera per favorire la conoscenza della cultura locale e la capacità di utilizzarla e farsene accogliere. Ma così facendo essa fa anche molto di più, mette in discussione i ‘capisaldi’ dell’etnocentrismo culturale: l’idea che la ‘nostra’ identità sociale e culturale sia la migliore e l’idea che essa sia una e autosufficiente. Otterrà così il risultato di rendere gli stranieri meno stranieri ai ‘locali’, e questi un po’ più stranieri a se stessi» (Ferrieri 2000, p. 14).
Solo assumendo uno sguardo glocale, che cerchi di comprendere la complessità delle reti in cui si stringono i problemi del nostro tempo, si può sperare di poter affrontare le sfide della società-mondo di cui facciamo parte. In questo senso anche lo scaffale multiculturale, offrendo piste e suggerimenti da reinventare costantemente, trova ulteriori e nuove modalità per promuovere la cultura dell’interconnessione e per esprimere e vivificare il legame con il territorio.

Indicazioni bibliografiche

Anolli L., La mente multiculturale, Laterza, Roma-Bari 2006
Blezza Picherle S., Libri, bambini, ragazzi. Incontri tra educazione e letteratura, Vita e Pensiero, Milano 2004
Blezza Picherle S., È lo stile che fa la differenza, in Blezza Picherle S. (a cura di), Raccontare ancora. La scrittura e l’editoria per ragazzi, Vita e Pensiero, Milano 2007, pp. 191-221
Cambi F., Incontro e dialogo. Prospettive della pedagogia interculturale, Carocci, Roma 2006
Favaro G., Al crocevia degli incontri, in G. Favaro, L. Luatti, Il tempo dell’integrazione. I centri interculturali in Italia, Franco Angeli, Milano 2008, pp. 102-114
Ferrieri L., La biblioteca sconfinata, in «Biblioteche oggi», marzo 2000
Luatti L., Le fasi, le attenzioni e i materiali dell’accoglienza. Una rassegna bibliografica, in Neri F. (a cura di), I servizi interculturali nelle biblioteche pubbliche, Editrice Bibliografica, Milano 2008, pp. 113-132
Morin E., I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Cortina, Milano 2001
Neri F., I servizi interculturali: verso un nuovo paradigma per la biblioteca pubblica?, in Neri F. (a cura di), I servizi interculturali nelle biblioteche pubbliche, Editrice Bibliografica, Milano 2008, pp. 62-79
Ongini V., Lo scaffale multiculturale, Mondadori, Milano 2001 (ed. or. 1999)
Ongini V., L’angolo della lettura, in «Sesamo. Bambini stranieri in classe», n. 3, novembre 2007, p. 32 (suppl. a «La Vita scolastica», n. 5 dell’1/11/2007)
Ongini V., La biblioteca del porcospino. Libri interculturali fatti dalle scuole e dalle associazioni di immigrati, in Traversi M., Ognissanti M. (a cura di), Letterature migranti e identità urbane, Franco Angeli, Milano 2008, pp. 213-218
Todorov T., La letteratura in pericolo, Garzanti, Milano 2008

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